Sono
passati quasi tre anni da quando ho cominciato a correre e da quando, per
cercare di motivarmi, mi ero posto l’obiettivo di arrivare a correre la
maratona; più che un obiettivo era una pia illusione, ma serviva per caricarmi,
per visualizzare un traguardo finale, per darmi uno scopo.
Mai
avrei creduto di poter raccontare, un bel giorno, che quel traguardo l’ho
raggiunto davvero, che ho vinto quella che ritenevo una sfida impossibile; io,
il re dei progetti abbozzati, quello che ne comincia cento e ne finisce due
(quando va bene), ho vinto la scommessa contro me stesso.
Ma
partiamo dall’inizio… I primi tempi era quasi un gioco ma poi ho scoperto che
correre mi piace davvero, io che quando giocavo a calcio ero il primo che si
imboscava quando c’era da allenarsi, ho cominciato ad apprezzare la corsa,
soprattutto quella di fondo perché la velocità non è mai stata il mio forte. E’
un modo per staccare dalla routine, dai problemi, dagli stress quotidiani,
dalla frenesia delle giornate che si susseguono senza darti respiro. Invece
correre ti permette di andare piano anzi, ti costringe ad andare piano (nel mio
caso pianissimo) e quando vai piano puoi riflettere, puoi resettare e azzerare
il cervello, senza contare che fa anche bene.
E
allora nel tempo mi sono appassionato a questo sport, cercando di trovare la
continuità che ti permette di non dover tutte le volte ricominciare da capo, ed
ho cominciato a partecipare alle prime gare, prima quelle facili, da 10 km, poi pian piano
aumentando fino alla mezza maratona; già il traguardo della mezza maratona
dello scorso aprile, a cui partecipai con pochissimo allenamento a causa di un
infortunio avuto appena un mese prima, mi sembrò una grande impresa, ma servì a
darmi quello stimolo, a farmi ripetere che se, con poco allenamento, ero
riuscito a percorre 21 km,
forse l’obiettivo della Maratona non era poi così irraggiungibile.
Però
dovevo fare i conti ancora con la mia scarsa costanza, che continuava a
ripetermi, “ma lascia stare, ma dove vuoi andare”… dovevo dare una sferzata
alla possibilità, molto probabile, che per l’ennesima estate, la pigrizia mi
facesse interrompere le uscite, con quell’idea che tanto, il traguardo, non era
raggiungibile; allora ho deciso di iscrivermi, quando ancora mancavano 5 lunghi
mesi nei quali poteva succedere di tutto; questo mi ha dato quella spinta che
mi mancava per cominciare a programmare davvero l’evento.
Da
agosto quindi, appena tornato dalle ferie, mi sono messo d’impegno e ho
programmato gli allenamenti in maniera metodica, che poi è l’unico modo che
conosco e che mi permette di portare in fondo una cosa; devo avere un programma
preciso in testa, non posso affidarmi troppo al caso, soprattutto quando so di
avere a che fare con una situazione complicata. La leggerezza di affidarsi al
caso, al destino, la lascio per lo svago, come quando viaggiavo zaino in spalla
senza un programma preciso, vivendo molto alla giornata. Ma qui c’era in ballo
qualcosa di serio, qualcosa che va preparato con la consapevolezza che ci vuole
un gran coraggio e un gran cuore, non tanto per arrivare, ma anche solo per
partire.
Una
volta messo in moto il cervello, sono partito e gli allenamenti si sono
susseguiti regolari; parole come corsa lenta, corsa veloce, ripetute, lungo e
lunghissimo sono diventati il mio lessico quotidiano, per la gran felicità di
mia moglie che ha dovuto rassegnarsi a sopportare le mie continue paturnie, i
miei resoconti sul tempo al chilometro e sulla frequenza cardiaca, e tutto il
corredo di menate tipiche del podista, soprattutto di colui che si crede atleta
senza esserlo e che se corre un 10K in 52’ si crede un fenomeno.
Ma
il diavolo è sempre in agguato e, quando vuole, sa essere perfido e si
manifesta, in questo caso sotto forma di infortunio; una infiammazione ad un
piede mi ha costretto a fermarmi ma mi è servita anche a prendere coscienza di
una cosa: per preparare una maratona non basta solo allenarsi a correre
distanze sempre più lunghe, occorre anche prendersi cura di tanti altri aspetti;
prima di tutto ho capito che i muscoli delle gambe vanno curati, con massaggi a
sciogliere e scaricare l’affaticamento; poi l’alimentazione, perché la corsa ti
fa consumare sali e vitamine che vanno reintegrate… e pensare che io avevo
cominciato a correre pensando che sarei dimagrito, invece ho scoperto che bruci
di tutto, tranne i grassi!
Comunque
l’infortunio rischiava seriamente di farmi andare tutto a monte ma stavolta la
mia testardaggine ha vinto sulla pigrizia e non appena ho potuto sono
ripartito, con la consapevolezza che il tempo delle chiacchiere era finito per
davvero. Qui è iniziato il difficile, perché aumentare le distanze oltre i 25 km mi pareva impossibile,
le mia gambe si piantavano sempre dopo i 22… ed è lì che ho conosciuto le malto
destrine e le barrette; ho capito che alimentarsi durante la corsa non era
importante, era fondamentale!
E’
stata la svolta. Da lì in poi i lunghi sono diventati lunghissimi e la speranza
di farcela si è pian piano instillata dentro di me. Ormai ero lanciato ed ho
cominciato a crederci davvero. Per la prima volta l’obiettivo non mi sembrava
così irraggiungibile.
Le
ultime due settimane pre-maratona sono state lunghissime, gli allenamenti ormai
dovevano servire solo a “scaricare” le gambe ma la testa non riusciva più a staccarsi
dall’evento; e così la mente correva sempre lungo quelle strade, lungo quei 42 km e 195 metri che avrei
dovuto percorrere.
E
finalmente ci siamo, domenica 24 novembre, il giorno del grande evento: la Maratona di Firenze.
La
sveglia di buon mattino, una colazione leggera ma nutriente e poi via, al punto
di partenza; il meteo pare anche aver ascoltato le preghiere dei 10000 iscritti
e la giornata è bella, non fa neanche troppo freddo. La tensione prima della
partenza la vedi nelle facce di chi ti sta intorno; nessuno è qui per fare il
tempo, per lo meno non nell’ultima gabbia, la mia, quella dei poc-runners, da
non confondersi con i top-runners, ma i chilometri da percorrere sono gli
stessi per tutti, e tutti sappiamo che non sarà una passeggiata…
Ore
9,15… lo start. La musica a palla risuona sulle note di “Living on a prayer”
dei Bon Jovi, parecchio vintage, ma fa salire l’adrenalina al giusto livello. I
palloncini delle 4h30’ sono il mio riferimento e me li tengo dietro di qualche
passo; i primi chilometri sono buoni, le gambe sono sciolte e questo mi fa ben
sperare.
Al
primo passaggio ai 5K sono sui 6 min/km e proseguo dopo un sorso di sali; si
entra alle Cascine e subito si incrociano in senso opposto i top-runners,
quelli che corrono per davvero e un pochina d’invidia per loro non può non
esserci, ma tant’è… il passaggio ai 10K è ancora in media; la giornata è
splendida, adesso c’è anche un bel solicino che ci accompagna ed in un attimo
si passano anche i 15K, sempre con tempi in linea con le previsioni.
C’è
tanta gente a bordo strada, e anche tanta musica, cosa che non mi aspettavo
davvero. I chilometri si susseguono in tranquillità ed ormai il traguardo della
mezza si avvicina; poi so che al 20° più o meno ci saranno anche i miei amori,
le mie donne, ad aspettarmi; infatti sul Ponte S. Niccolò eccole lì… un bacetto
e proseguo più felice.
Il
traguardo della mezza lo tagliamo insieme ai palloncini delle 4h30’; abbiamo
rallentato appena ed infatti poco dopo loro allungano su di noi. Ma va bene lo
stesso, almeno per me; va meno bene invece al mio amico Beppe che è costretto a
fermarsi, mi dispiace davvero. Restiamo soltanto io e Ricca.
Ai
25K il ristoro è un po’ più sostanzioso, mangio anche un biscottino, so che
questo è il momento più importante, affrontare bene i prossimi 10 km vuol dire avere buone
probabilità di finire la corsa senza problemi; mi prendo anche un gel dei miei
e proseguo con passo regolare.
Poco
prima del 30° si affaccia un dolorino al
polpaccio ma è un attimo, per fortuna passa subito; la fatica comincia a farsi
sentire, sarebbe strano il contrario, e mi mangio una barretta. Dopo il ristoro
ci affianchiamo ad una coppia di sposini giapponesi, che corrono la loro luna
di miele… anche questa è la maratona.
Il
passo comincia a farsi pesante ma si entra in centro ed i pensieri ormai
viaggiano verso il traguardo. Ma ancora manca tanto e allora cerco di
visualizzare tratto per tratto. Siamo ai 35K ed il ristoro mi serve per bere,
ho bisogno di acqua, soprattutto. Poi c’è il Duomo e via verso Porta al Prato;
ogni tanto sento un dolore al muscolo della coscia, poco sopra il ginocchio;
spero che non mi parta un crampo e cerco di correre con una cadenza il più
regolare possibile, evitando movimenti repentini.
I
ponti sull’Arno sembrano il Pordoi, prima Ponte S. Trinita e poi Ponte Vecchio,
ma riesco a superarli ad un passo che somiglia ancora ad una corsa. Di nuovo in
centro, Piazza Signoria, faccio il pollice su al fotografo che mi riprende, son
curioso di vedere la foto, chissà se la faccia rispecchia il gesto… la Via Calzaiuoli la percorro in
trance, le gambe urlano ma la testa ormai è convinta che ce la posso fare, il
muro l’ho scavalcato!
L’ultimo
ristoro è in piazza Duomo ma ormai ho bisogno solo della mia testa, cammino
qualche metro per raccogliere i pensieri e le residue energie; Via Ghibellina
pare la Route
66, lunga, lunghissima; per fortuna a metà mi aspettano ancora le mie donne,
riesco addirittura ad alzare le braccia per salutarle; “dai che ci siamo, dai
che ci siamo” il mantra che ci ripetiamo io e Ricca ormai è solo quello.
In
piazza Cavalleggeri, davanti alla Biblioteca Nazionale, l’ultimo gruppo
musicale suona le note di “Born to be wild” e l’adrenalina schizza a mille,
riesco addirittura a scattare… le voci della piazza si fanno sempre più vicine,
ci sono, ecco il traguardo; brividi, brividi lungo la schiena; guardo il mio tempo sull'iPhone, 4h32'; alzo le braccia
al cielo, guardo il crono ufficiale… 4 ore 39 minuti e 20 secondi, sono felice!
Ecco
anche Ricca, stravolto, incredulo, le mani sulla faccia; ci abbracciamo felici
come quando al campino ci rincorrevamo dietro ad un pallone e si festeggiava un
gol, tanti anni fa…
E’
una gioia intensa, profonda, che ti riempie la testa ed il corpo, le gambe
fanno male ma è l’ultimo dei pensieri. La fatica è ampiamente ricompensata
dalle mille emozioni che sto provando.
Ce
l’ho fatta! Ho chiuso il cerchio!
Ho
vinto!